Cos’è?

Safe House è la mostra collettiva presentata all’interno della Seconda Stagione di Verso.

Una “safe house” è un luogo segreto utilizzato da soggetti in pericolo, in regime di legalità o illegalità, per proteggersi scomparendo temporaneamente: è un nascondiglio, un rifugio, un covo. In quanto architettura privata e sicura, la “safe
house” garantisce una condizione di invisibilità per individui e piccoli gruppi che instaurano rapporti di complicità per tutelare la propria incolumità.

Per costruire Safe House, ci riallacciamo a fili che abbiamo già tirato nella Stagione 1 di Verso: Oblio, il lavoro di Muna Mussie, si sposta dal Parco del Valentino, dov’era esposto nel contesto di Memory Matters, per approdare sulla facciata della Fondazione Sandretto. Dentro lo spazio espositivo, invece, In My Little Corner of the World Anyone Would Love You di Sharon Hayes resta, le voci dellə protagonistə continuano a risuonare nella stanza. A questi lavori si uniscono quelli di Arthur Jafa, Sandra Mujinga, Ho Tzu Nyen, Samson Young, Tobias Zielony.
Nello spazio sicuro della mostra, nuove collettività si radunano per ragionare e condividere, per allenarsi in attesa di poter cospirare alla luce del sole.

Bussola

In Safe House:

• La segretezza e l’invisibilità sono assunte come forme di governo e di (auto)organizzazione delle vite umane.
• Le identità geopolitiche nazionali diventano terreni geopolitici porosi, costruiti da narrazioni e contro-narrazioni gestite da algoritmi, ma anche zone di conflitto sociale sul quale sono ancora oggi proiettate le ombre di violenze e oppressioni.
• Le tecniche belliche di mascheramento sono adottate come strumenti di resistenza da parte di comunità e sottoculture giovanili.
• L’invisibilità, fisica e digitale, è impiegata come tecnica di sopravvivenza, luogo privilegiato in cui stare insieme, riscrivere la propria storia e agire senza essere vistə.