Il cambiamento climatico ha un problema d’immagine.

Sentiamo sempre più parlare di emergenza climatica: per gli scienziati è uno dei problemi più grandi che l’umanità deve affrontare. Eppure, non sappiamo immaginarla.

Se chiudiamo gli occhi e pensiamo all’espressione “cambiamento climatico”, cosa ci viene in mente? E se lo cerchiamo su Google immagini?

Terre desolate distrutte dalla siccità, orsi polari emaciati su piccoli iceberg alla deriva, città sommerse dal mare. Sono solo stereotipi.

Abbiamo un deficit di immaginazione sul tema: se non riusciamo a immaginarcelo, a immaginare le conseguenze quotidiane dell’emergenza, significa che non riusciamo ad agire.

Pensate alla parola tsunami: probabilmente nessuno di noi ne ha vissuto uno, ma tutti sappiamo immaginarlo. Ci spaventa. Ci fosse un allarme tsunami, sapremmo cosa fare.

Ecco perché dobbiamo costruire un immaginario condiviso sul cambiamento climatico. Immagini che mostrano tutte le sfaccettature dell’emergenza.

Le conseguenze che già l’umanità subisce per alluvioni, smog, siccità. Le responsabilità che abbiamo. Le soluzioni che abbiamo trovato per adattarci.

Dalle ricerche degli studenti, ai giornali, ai nostri social: il compito è usare e diffondere immagini migliori. Più vicine a noi, più umane, più concrete. Nuovi simboli per farci agire.

“Il climate change ha un problema d’immagine.
Che aspetto ha l’Antropocene?” è la terza uscita, a cura di Il colore verde, del takeover di Verso, un progetto pensato per dare voce alle newsletter più lette del web.

Insieme parleremo di antropocene, cambiamenti climatici e culturali, femminismo, questioni di genere, teorie del complotto e cultura digitale.

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Il colore verde è la newsletter curata da Nicolas Lozito: si tratta di una newsletter sulla crisi climatica. Ogni sabato. “La leggi in cinque minuti, ci pensi per tutta la settimana”.